lunedì 6 giugno 2011

Un tranquillo posto di campagna di Elio Petri


















Conosco Petri e l'ho sempre molto apprezzato nei film socialmente più impegnati, eppure non avevo idea che avesse bazzicato anche il genere horror.
Anche in questo caso il regista non perde il suo tocco elegante e riesce persino a fare meglio dei cosiddetti maestri del genere, raccontando una storia totalmente atipica con uno stile modernissimo.
Leonardo Ferri (Franco Nero) è un pittore di arte contemporanea (si, dipinge le solite tele monocromatiche con qualche spugnatura di colore) che da mesi non riesce a creare niente di valido, inoltre soffre di insonnia ed è tormentato da un incubo ricorrente in cui la moglie Flavia (Vanessa Redgrave) lo uccide a coltellate. Anche durante il giorno è sempre più spesso vittima di strane allucinazioni e, quando un pomeriggio vede se stesso dietro il cancello di una vecchia villa, interpreta la cosa come un segno e decide di comprare la proprietà, con l'intenzione di trasferircisi per superare la crisi creativa. Qui viene a conoscenza della storia di Wanda, una contessina veneziana ninfomane, morta in un bombardamento durante la seconda guerra mondiale.
Stimolato dal mistero Leonardo sembra recuperare la sua ispirazione, ma intanto in casa si verificano strani fenomeni e sua moglie Flavia è vittima di continui incidenti.
La storia, apparentemente abbastanza classica, prende da subito una piega assolutamente inedita per l'epoca, riuscendo a superare i soliti cliché in cui sono incappati tanto facilmente i volti più noti dell'horror italico. La violenza, completamente assente sul piano fisico, si manifesta invece su quello psicologico attraverso la follia di Leonardo e l'attrazione sempre più morbosa che sviluppa verso la defunta Wanda. Non una semplice storia di fantasmi ma una vicenda grottesca che per tanti versi ricorda le opere di Roman Polanski.
Innovativo non solo dal punto di vista narrativo ma anche da quello stilistico. L'arte occupa un ruolo fondamentale fin dai titoli di testa, su cui scorrono una serie di opere d'arte contemporanea (ho notato un paio di quadri di Bacon), e influenza esteticamente tutto il film attraverso una serie di scene che spesso ricalcano direttamente dei dipinti celebri (c'è David, Fontana, Magritte, Kleyn, Kounellis...).
 Un rosso nelle sue tinte più accese domina prepotentemente gran parte delle scene, sull'arredamento della modernissima casa di città, nel vino rosso versato sui vecchi pavimenti, nella vernice che ricopre le gigantesche tele di Leonardo. O più palesemente nella scena in cui i tronchi degli alberi che circondano la villa vengono dipinti di rosso. La vernice diventa persino un sostituto del sangue e partecipa alla creazione di una violenza che è sempre e solo illusoria.
Anche la regia è caratterizzata da un ritmo tutto avanguardistico, rapido e pieno di brevi ellissi temporali, incorniciato da un numero altissimo di inquadrature diverse in posizioni bizzarre che creano un costante dinamismo anche nelle scene più statiche. Forse l'unico difetto del film sta proprio in questo eccesso di virtuosismi che però fortunatamente non diventano mai completamente fini a se stessi.
Bravissimo Franco Nero, la sua inquietante glacialità lo aiuta a mettere in scena una convincente forma di pazzia. Sembra davvero un artista viziato incapace di badare a se stesso.
In conclusione un prodotto inspiegabilmente poco conosciuto, superiore a tanti più celebri esponenti del genere. Petri riesce ad anticipare Dario Argento e tutto il filone di thriller metropolitani dalle tinte forti, senza versare una sola goccia di sangue.

I titoli di testa e i dipinti che si vedono nel film sono di Jim Dine, che ha anche istruito Nero su come dipingere.

Nessun commento:

Posta un commento